Erinnerung an die Marie A (Bertold Brecht)

[…]

Und auch den Kuß, ich hätt ihn längst vergessen
Wenn nicht die Wolke dagewesen wär
Die weiß ich noch und werd ich immer wissen
Sie war sehr weiß und kam von oben her.
Die Pflaumebäume blühn vielleicht noch immer
Und jene Frau hat jetzt vielleicht das siebte Kind
Doch jene Wolke blühte nur Minuten
Und als ich aufsah, schwand sie schon im Wind.

Questa è una poesia in cui sono incappato giorni fa, mentre guardavo il film Le vite degli altri (che consiglio a tutti di vedere). Mi ha ricordato un episodio, mesi fa, quando mi venne letta da qualcuno. Qualcuno che ne era stato colpito e l’aveva usata come ispirazione per comporre una canzone.

Allora non aveva catturato particolarmente la mia attenzione, ma questa volta sì. Pensateci: una nuvola, niente di più insignificante. Una nuvola che per caso si trovava lì sopra e che per caso il poeta vide quando guardò in su, dopo aver baciato la sua lei, Marie. Ma quando, poco dopo, riguardò nello stesso posto la nuvola era sparita. E nonostante fosse durata così poco, sarebbe rimasta per sempre nella memoria del poeta che, se non fosse stato per la nuvola, si sarebbe già da lungo tempo dimenticato di quel bacio. Quella nuvola, così insignificante tra tutte le altre nuvole, eppure così speciale perché era diventata la sua nuvola, e suo diventa anche il bacio, e la donna stessa. Per sempre, come il ricordo della nuvola. Solo sua, per sempre.

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